Il grande salto


L’uomo, il digitale e la più importante evoluzione della nostra storia


“Il libro di Luca Tomassini è manifesto di una chiamata alle armi di cultura e impresa, leva che dovrebbe smuovere politica, media, società civile, scuola”




Gianni Riotta

Princeton University, 2020

“La nuova fase della rivoluzione digitale prospetta cambiamenti radicali rispetto agli ultimi vent’anni.
Non sarà una semplice evoluzione delle tecnologie, ma una discontinuità radicale che produrrà rotture e sperimentazioni, non solo sul piano economico e
industriale ma anche su quello sociale, culturale e politico” 

girl using VR goggles

La prima rivoluzione digitale ha cambiato per sempre il destino degli esseri umani, ma i prossimi vent'anni saranno ben di più di un continuum dei trenta precedenti: il ventennio che si è aperto ci vede tutti nel vortice della nuova onda della rivoluzione digitale a confronto della quale le innovazioni e le trasformazioni di fine secolo sembreranno poco più che premesse.

Il balzo che stiamo compiendo passa attraverso una discontinuità tecnologica radicale fatta di rotture e di sperimentazioni a tutto campo i cui effetti ricadono a pioggia su economia e politica, società e cultura.

Negli ultimi dieci anni si sono avute rotture qualitative in molti settori delle tecnologie digitali, che si stanno alimentando a vicenda determinando un’accelerazione sistemica dell’innovazione. 

La chiave interpretativa del passaggio storico che stiamo vivendo è proprio questa dimensione di sistema della discontinuità tecnologica, fatta di strette interdipendenze: ad esempio, tra l’intelligenza artificiale e l’Internet of Things, o tra il 5G e la cognitive automation che ridisegna la robotica nelle fabbriche e più in generale nei processi produttivi.

Siamo dinanzi a una nuova convergenza, di portata simile a quella che alcuni decenni fa portò all’integrazione tra communication technology e computing dando vita a Internet. Gli elementi della nuova convergenza, nei quali si accumulano salti tecnologici, sono lo sviluppo dei supercomputer e dei computer quantistici, che promettono una potenza di calcolo su una scala radicalmente più elevata; le reti neurali e il deep learning, che spalancano nuovi orizzonti all’intelligenza artificiale; l’Internet of Things; la cognitive automation e le interfacce tra uomo e macchina; il 5G, che tutto connette e mette a sistema.

Possiamo dare a quest’intreccio di tecnologie fortemente interdipendenti il nome di “cluster tecnologico secolare”, perché destinato a condizionare il XXI secolo come l’elettricità ha plasmato il secolo precedente e come Internet ha guidato il periodo di transizione tra i due millenni.


Utopia e sviluppo | L’innesto tra conoscenza e produzione sarà la rinascita di un’Italia che non cresce da una generazione


Gianni Riotta
da Linkiesta


L’uomo e il digitale sono prossimi a un’evoluzione che ne cambierà i rapporti in modi del tutto nuovi. Nella prefazione de “Il grande salto” di Luca Tomassini, Gianni Riotta definisce il libro il manifesto di una chiamata alle armi di cultura e impresa, leva che dovrebbe smuovere politica, media, società civile e scuola.


I filosofi dell’Illuminismo, nel corso del XVIII secolo, erano persuasi che l’evoluzione delle vicende umane, emersa dal cupo Medio Evo, avrebbe presto condotto la Storia a un lineare progresso, senza soste. Malgrado le riserve che la pratica della brutale Corte francese gli ispirava, dal Candide al Trattato sulla tolleranza, del 1763, lo stesso Voltaire alla fine era convinto che, come un individuo passa dall’infanzia alla maturità, un campo dalla semina al raccolto, anche politica ed etica non avrebbero potuto che lievitare verso giustizia e benessere diffusi.

Il grande critico e filosofo italiano Umberto Eco, scomparso nel 2016, obiettava però che il Medio Evo, lungi dall’esser stato quell’epoca sordida di barbarie che il secolo dei lumi detestava, aveva a lungo incubato fermenti e tensioni che poi la modernità avrebbe accolto.

Anche Marx ed Engels che, combattendo il capitalismo, ne tessevano di fatto le lodi come fenomeno di disruption, nel gergo 2020, della Storia, ricordano che il nostro Dante Alighieri era, insieme, ultima voce dal passato medievale e prima dal futuro della modernità. La Grande Catena dell’Essere, concetto neoplatonico che lega Natura, Politica e Religione in una serie evolutiva comune, dai sassi all’oro, dai licheni a Leonardo da Vinci, dagli angeli a Dio, trae via via alimento da Platone, Aristotele, Plotino e, concepita ben prima dell’Illuminismo, ne viene però adottata, non più come scala verso il Paradiso celeste, ma verso il suo analogo moderno, il Progresso infinito dell’Encyclopédie illuminista, con le sue meravigliose tavole delle arti e dei mestieri.

Il Marchese di Condorcet dettò i dieci passaggi cruciali di questa scala, certo – come scrive nell’Esquisse d’un tableau historique des progrès del’esprit humain, pubblicato postumo nel 1795 – che l’umanità si sarebbe avvicinata, passo dopo passo a questo utopico, felice progresso. E la data postuma dell’opera – il Marchese scomparirà, forse suicida, in carcere già nel 1794, incriminato dagli ex compagni rivoluzionari – testimonia di come il suo ottimismo fosse, come quasi sempre gli ottimismi meccanici, pericoloso.

Dalle illusioni non ricaviamo che delusioni. Anche oggi gli ottimisti – “integrati” li avrebbe definiti Eco nel suo pamphlet di scritti vari del 1964, Apocalittici e integrati, contrapponendoli agli apocalittici nemici del presente – sono sicuri che il futuro sia roseo. Ray Kurzweil, guru, filosofo, evangelista tecnologico di Google, predica la “singolarità” il giorno prossimo in cui attingeremo alla fusione umanità-macchina, la “transumanità”, schiudendoci la Città del Sole digitale.

Altri, come il filosofo Theodore Adorno, sconvolti dalle stragi della Seconda Guerra mondiale, temevano invece che la luce dell’Illuminismo riflettesse solo lager e gulag e che “dopo Auschwitz scrivere poesie sia barbarie”. Del resto, “apocalittici” come il fisico Hawking o l’imprenditore Musk annunciano penitenziali che l’intelligenza artificiale non ci libererà alla Kurzweil, ma ci renderà servi del machine learning.

Queste pagine di Luca Tomassini che vi accingete a leggere, sono scevre – grazie a Dio – da queste frustranti impasse e inducono a un diverso, e più fruttuoso, cammino. Come uomo di azienda attento alla nostra vicenda storica, Tomassini non ha né persuasioni built in by default che il progresso delle macchine ci attenda, alla fine della Catena dell’Essere, culmine del Progresso dello Spirito Umano, ed è anzi ben cosciente degli scacchi, le difficoltà, le impasse che incombono.

Il capitolo dedicato alle trasformazioni imposte alla nostra civiltà dalla pandemia di Covid-19 sono tra le più struggenti del libro e chiamano il lettore attento a una meditazione non corriva sulla caducità, l’arroganza e la fragilità di istituzioni, economie, società.

L’ottimismo di Tomassini non è frutto di albagia o presupponenza, ma si radica su una coraggiosa consapevolezza di come paura e ignoranza, fantasmi che credevamo di avere esorcizzato, possano, combinate, azzerare sviluppo, coesistenza pacifica, la tolleranza stessa, fondamenta di una convivenza democratica e libera. Uno sguardo, anche frettoloso, alle ricerche di Google Trends corrobora questa visione meglio di ogni parola.

Ricerca, scuola, laboratori, scienza, l’innesto tra conoscenza e produzione, non sono per Tomassini algoritmo arido da presentare al mercato, lustrando i risultati trimestrali o l’EBITDA, spaventapasseri degli imprenditori mediocri che tanto danno hanno fatto, con la loro cecità, al sistema industriale del Paese, corroborati da analisti ed economisti di piccolo cabotaggio.

Sono il motore della rinascita di un’Italia che non cresce da una generazione, come un altro saggio di questa casa editrice, “Declino, una storia italiana”, del 2019, opera dello studioso Andrea Capussela, bene attesta. Rinascita, dunque, non solo industriale ed economica, come il lettore avveduto intuirà già dalle pagine storiche che fungono da introduzione, ma politica e morale, epistemologica e culturale.

Come tanti leader di azienda che producono, prosperano ed esportano, competendo nel mercato globale, pur appesantite dai tradizionali ritardi italiani, Tomassini potrebbe rinchiudersi nelle mura di stabilimenti e uffici, soddisfatto del contributo fin qui offerto a comunità e dipendenti.

Non lo fa, non solo per spirito civico, ma anche, e soprattutto, perché avvertito di come questo atteggiamento individualistico, rampollo della disastrosa fola del “piccolo è bello” che tanti lutti ha indotto alle nostre PMI, lasciandone ancora una larga parte in panne, costringa a languire in un mondo dove massa, scala, innovazione e conoscenza si innervano senza soste.

Il libro di Luca Tomassini è manifesto di una chiamata alle armi di cultura e impresa, leva che dovrebbe smuovere politica, media, società civile, scuola. Di recente il Rettore dell’Ateneo Luiss Andrea Prencipe, il direttore generale Gianni Lo Storto, con intellettuali da ogni parte del mondo, hanno partecipato a una giornata di idee promossa dal Datalab e dal Master di Comunicazione e Giornalismo Digitale dell’Università. Su input di Gianni Lo Storto lo abbiamo battezzato giusto “Punto di corda”, espressione che non conoscevo, malgrado la mia giovinezza spericolata alla guida di una rombante Gilera 124 SV: “punto di corda” è l’istante in cui il pilota, impegnato in una difficile curva, in piega, smette di frenare e ricomincia ad accelerare riacquistando velocità e terreno.

Il nostro mondo intero è in attesa del “punto di corda”, persone e Paesi in frenata dura per il Covid auspicano di ripartire presto. Queste pagine sono dunque manuale indispensabile, nella manovra ostica da cui le nostre vite sono oggi prese, da compulsare con cura per non perdere, come troppe volte in passato, il prossimo, e irripetibile, “punto di corda” italiano.



Il grande salto | L’uomo, il digitale e la più importante evoluzione della nostra storia


Marzia Apice - ANSA


Internet, intelligenza artificiale, machine learning, 5G: il digitale ha cambiato per sempre le nostre vite, il nostro modo di lavorare e viaggiare, di relazionarci e di pensare, e determinerà anche il nostro futuro, che sarà sempre più caratterizzato da velocità e interconnessione.

In questo scenario rivoluzionario, quale sarà il ruolo dell'uomo? Non è una semplice risposta alla domanda, quanto un manifesto programmatico d'azione il libro di Luca Tomassini dal titolo "Il grande salto", edito da Luiss University Press, con la prefazione di Gianni Riotta. 

Secondo l'autore, l'umanità intera, posta di fronte al più grande e importante "salto evolutivo" che stiamo vivendo in questi anni, sarà all'altezza di affrontare il cambiamento, grazie alle capacità insite nell'uomo, impossibili da replicare in un computer.

Sbaglia però chi pensa che l'ottimismo di Tomassini sia solo una cieca fiducia con cui guardare il mondo, al contrario l'autore offre molte riflessioni importanti per decifrare la realtà e comprendere quali sfide ci attendono domani. In particolare l'autore, partendo dal passato per "guardare contemporaneamente indietro e avanti" pone l'accento sull'uomo, sempre protagonista di ogni passo in avanti fatto nel corso della sua storia.

Non ci sarà nessuna macchina che ci annienterà o che determinerà i nostri comportamenti: saremo noi a dover riconoscere e sfruttare nel futuro strade già aperte oggi, nel nostro presente, unendo conoscenza e azione, ricerca e impegno politico e sociale. In fondo il cambiamento è un bisogno continuo nell'uomo. L'obiettivo però non è " cambiare tanto per cambiare, ma cambiare per andare avanti, per crescere".

E non dobbiamo dimenticare che il cambiamento si accompagna anche all'adattamento: ce lo ha insegnato la pandemia di questi mesi, che ha sconvolto i nostri equilibri e ci ha spinto a trovare soluzioni.

"La strada del futuro va immaginata nello spazio, e non necessariamente e solo in quello siderale, ma in quello che ancora divide le persone, e che separa tanti, troppi esseri umani dal benessere", scrive Tomassini e aggiunge che "Non c'è un solo modo per affrontare quello che abbiamo di fronte. L'importante è non tirarsi indietro. Non abbandonare il percorso".